La politica criminale italiana, negli ultimi decenni, è attraversata da una forte tendenza populista. A questo proposito, si è parlato di Populismo Penale in riferimento all’uso demagogico e congiunturale del diritto penale, diretto a riflettere e ad alimentare la paura quale fonte di consenso elettorale tramite politiche e misure illiberali tanto inefficaci alla prevenzione della criminalità quanto promotrici di un sistema penale disuguale e pesantemente lesivo dei diritti fondamentali [1]. La definizione in questione pare completa ed esaustiva e permette di apprezzare tutti gli aspetti del fenomeno. In particolare, la caratteristica saliente della norma criminale “populista” sembra essere la sua “inefficacia” rispetto alle finalità generalpreventive del diritto penale. La legge viene così ridotta a mero mezzo di gestione e costruzione del consenso elettorale.
In altri scritti si è proposto di distinguere tra una componente simbolica e una componente strumentale della norma. Infatti, è del tutto naturale che la legge abbia anche la funzione di riflettere e veicolare valori e principi ritenuti di particolare importanza in un determinato contesto storico e sociale (è questo sembra essere ancora più vero nell’ambito del diritto penale). Tuttavia, è invece “patologico” che la componente simbolica della norma prevarichi quella strumentale [2].
In particolare, l’emanazione di leggi penali inutili (ossia inefficaci rispetto all’obiettivo di prevenire, contenere e superare il fenomeno criminale) comporta, per sé solo, la lesione delle libertà fondamentali della persona, dal momento che ogni pena che non derivi dall’assoluta necessità è tirannica [3].
Di più, quantomeno nel contesto italiano, il populismo penale ha comportato una perversione del dibattito pubblico, sempre più impoverito nelle forme e nei contenuti, nel quale slogan, immagini e simboli prevalgono sull’analisi concreta delle misure. In proposito, è stato brillantemente osservato come ciò avvenga in un’epoca che dice di essersi lasciata alle spalle le ideologie, in cui quindi ci si aspetterebbe anche dalla politica criminale un’adesione incondizionata alla filosofia del problem solving. Invece, il legislatore italiano pare tutt’altro che pragmatico e in una paradossale inversione di ruoli, tocca semmai all’opposizione politica assumere un registro pragmatico ed impegnarsi in valutazioni critiche riguardanti l’adeguatezza e la congruità delle scelte punitive [4].
Tutti questi elementi (e tanti altri) dovrebbero richiamare l’attenzione del giurista sulla problematica in esame e la stessa opinione pubblica, adeguatamente formata sui principi basilari del diritto, dovrebbe esigere una legge penale improntata a una teoria dello scopo e al rispetto del principio di ultima ratio. Infatti, solo la pena necessaria è giusta. La pena è per noi un mezzo per raggiungere uno scopo. L’idea dello scopo postula però l’adattamento del mezzo al fine e la massima parsimonia nella sua applicazione. Questa esigenza ha particolare valore per quanto concerne la pena, essendo essa infatti un’arma a doppio taglio: tutela dei beni giuridici attuata attraverso la lesione degli stessi [5].
Attraverso questo scritto, si intende mettere in evidenza come il “nuovo” delitto di omicidio stradale sia un esempio di populismo penale e, quindi, di cattivo uso della legge penale. I tratti populisti della misura si possono vedere molto facilmente: nonostante esistessero già delle fattispecie incriminanti per chi commetteva un omicidio o cagionava lesioni per colpa, si è scelto di introdurre una norma ad hoc con delle pene molto più severe (che possono arrivare anche fino ai dodici anni di reclusione). A quale esigenza risponde una condanna simile? La funzione deterrente era sicuramente esercitata già dalla condanna per omicidio colposo (oltre che dalla “condanna sociale” verso la guida pericolosa).
Sembra, piuttosto, che si sia voluto mandare un messaggio securitario e simbolico all’opinione pubblica, senza curarsi delle conseguenze concrete che la minaccia di una pena simile può causare.
Paradossalmente, la norma potrebbe infatti rivelarsi controproducente: una sanzione così elevata sembra quasi motivare il conducente che causa un incidente a fuggire invece che a prestare il proprio soccorso. A questo proposito, così si esprimeva l’Unione delle Camere Penali Italiane: non avere previsto adeguata attenuante ad effetto speciale (suggerita dalla UCPI) per chi presta soccorso, è un vero e proprio incentivo alla fuga. Chi provoca un incidente, se ha il minimo dubbio che il mezzo bicchiere bevuto possa avergli alterato il tasso alcoolemico (e certo non può sapere di quanto!) nella maggioranza dei casi fuggirà. Con quali possibili conseguenze per le vittime è facile immaginare [6].
In questa caratteristica della norma si vede chiaramente quanto detto in precedenza: la politica criminale populista non solo tende a punire “eccessivamente”, ma spesso incentiva, anche non volendolo, condotte criminali.
Peraltro, la norma è stata “narrata” come necessaria per gestire un’emergenza che in realtà non esiste: come faceva notare il senatore Luigi Manconi, che definiva la legge in esame “un pessimo esempio di populismo penale”, i morti per incidente stradale, sono passati, nell’ultimo quarto di secolo, dai 6.621 dell’anno 1990 ai 3.385 del 2013 [7].
Gli aspetti criticabili di questa norma non finiscono qui, infatti la già citata Unione delle Camere Penali Italiane, definendo la legge in questione una norma manifesto, criticava il fatto che questa sembrasse porre una colpa in re ipsa: la nuova norma così come presentata sembra istituire una sorta di presunzione di colpa e di causalità fra lo stato di ebbrezza e l’evento lesivo […] Sotto questo profilo è poi stupefacente la previsione di una aggravante per la guida senza patente e, soprattutto, senza che il proprio mezzo abbia copertura assicurativa. Circostanze, forse non sempre la prima, ma certamente sempre la seconda, che non hanno nulla a che spartire con la violazione di regole cautelari che costituiscono per così dire il nucleo fondamentale del delitto colposo [6].
In Senato, nel corso della discussione finale sul provvedimento, le opposizioni spesso hanno lamentato l’uso dello strumento della questione di fiducia. Addirittura, il senatore Maurizio Buccarella parlava di fine della Repubblica parlamentare per via dell’eccessiva compressione delle prerogative del parlamento.
Di interesse anche l’intervento di Jonny Crosio, che biasimava l’uso della fiducia in quanto banalizzava largamente la discussione su quella che doveva essere la mission del provvedimento: Ricordo a tutta l’Assemblea che nel nostro Paese se un’auto gira con le gomme lisce il proprietario si becca solo 84 euro di multa. Le statistiche, però, dicono che la maggior parte dei morti dovuti a determinate dinamiche di incidente sono provocati da gomme lisce. […] La risposta della politica a questo problema qual è? Un voto di fiducia su un disegno di legge che tra l’altro – mi permetta di dirlo – politicamente è stato trattato da persone a mio giudizio in buona parte incompetenti – tecnicamente incompetenti – e da persone che su tale questione fanno speculazione politica, da sinistra a destra, perché non hanno altri argomenti, perché non conoscono la materia e perché non studiano neanche [8].
Nell’esempio delle gomme lisce si vede come una buona politica criminale avrebbe dovuto prima di tutto cercare strumenti extrapenali per ridurre al più possibile i morti e i feriti sulla strada, in ottemperanza del principio di ultima ratio. Soprattutto, però, sembra di rileggere le parole della Corte costituzionale sulla legge Fini-Giovanardi: l’uso della mozione di fiducia non solo svilisce il dibattito parlamentare, ma mortifica una discussione che avrebbe dovuto essere molto più tecnica
[9]. Anche la discussione finale alla Camera dei deputati ha visto interventi, come quello di Daniele Farina, che criticavano la legge in questione per la sua scarsa qualità scientifica e per essere inidonea rispetto agli scopi prefissi.
Di interesse, poi, la posizione espressa di Vittorio Ferraresi, che sosteneva che questa norma era doppiamente discriminante. Da un lato, egli riteneva scorretto che una violazione del codice della strada punisca l’omicidio con una pena e un’altra violazione del codice della strada punisca l’omicidio con un’altra pena. Dall’altro, vedeva un ulteriore discriminazione tra le vittime di omicidio colposo in generale: non va dimenticato che in questo Paese sono anche migliaia le vittime che muoiono nei cantieri a causa di una omessa azione o previsione che impedisca la morte sul luogo di lavoro [10].
Su questa linea, il Movimento 5 Stelle (di cui Ferraresi era portavoce nella discussione) proponeva di innalzare la pena del reato di omicidio colposo piuttosto che creare la nuova fattispecie di omicidio stradale. Nello stesso senso anche il lavoro di Alessandro Roiati, che vede nel reato in questione un ulteriore passo in avanti nella realizzazione di un diritto penale differenziato e propone di immaginare un esempio: un medico nel corso di una giornata particolarmente sfortunata cagiona la morte di un paziente e poi, rientrando a casa, commette un omicidio stradale. Nonostante il bene leso dalle due condotte del medico sia lo stesso (la vita umana), avremmo due condanne molto diverse. La conclusione di Roiati è che si tratta di vistose incongruenze sistematiche che traggono origine dalla necessità di restituire una tutela adeguata e proporzionata a taluni specifici settori ma che, non intervenendo sulle cause che generano l’ineffettività complessiva del sistema, finiscono per ovviare a singoli effetti distorsivi mediante il ricorso ad estemporanei eccessi sanzionatori. Di qui il profilarsi di un circolo vizioso su cui si innestano inaccettabili disparità di trattamento e consistenti profili di incostituzionalità che, ancora una volta, porteranno la Corte costituzionale ad un vaglio di ragionevolezza di non agevole soluzione.
In generale, il lavoro coglie diversi aspetti populisti della norma in questione, a partire dal suo derivare da istanze diffuse di tutela, sapientemente veicolate dai media e prontamente recepite da una classe politica alla costante ricerca del consenso [11].
In effetti, un dato rilevante sembra essere che in sede di discussione alla Camera dei deputati il provvedimento aveva riscosso un largo successo: lo avevano votato il Partito Democratico, Forza Italia, la Lega e il Movimento 5 Stelle si era astenuto. A votare contro erano stati solo i deputati di Sinistra Ecologia e Libertà e singoli parlamentari di altri gruppi. Segno che è difficile smarcarsi dalla logica del populismo penale: dire di no significa perdere consensi facili.
A questo proposito, si può vedere come sul portale del Movimento 5 Stelle, questi abbiano argomentato la propria astensione insistendo anche sul fatto che ancora una volta il reo la farà franca (in riferimento al fatto che la disposizione in esame prevede una riduzione della responsabilità nel caso in cui la vittima abbia concorso all’evento con il proprio comportamento colposo) [12]. Quasi a voler dire al proprio elettorato che il provvedimento non era abbastanza populista. Prima di proseguire oltre, è opportuno notare che prima dell’istituzione del reato in questione, la fattispecie concreta veniva punita in certi casi a titolo di omicidio colposo (in particolare dalla giurisprudenza di merito) e in altri a titolo di omicidio doloso (specie dalla giurisprudenza di legittimità), facendo riferimento alla categoria del dolo eventuale. A questo proposito, Carlo Federico Grosso riteneva che l’introduzione di una fattispecie ad hoc che punisse l’omicidio stradale fosse senz’altro opportuna per svincolare definitivamente il delitto di omicidio commesso da chi guida (consapevolmente) in stato di ebbrezza o sotto l’azione di sostanze stupefacenti o psicotrope dallo schema dell’omicidio colposo [13]. Sono osservazioni che valgono a sottolineare come vi fossero anche “buone ragioni” a sostegno della riforma. Tuttavia, il provvedimento è stato impostato in maniera tale da far prevalere nettamente la componente simbolica della norma su quella strumentale.
Altra cosa sarebbe stata, ad esempio, una riforma del reato di omicidio colposo o, quanto meno, avere avuto il buon senso di introdurre una circostanza attenuante per chi si ferma a prestare soccorso.
Note:
[1] Ferrajoli, L. “Il populismo penale nell’età dei populismi politici.” Questione giustizia 1 (2019), in https://www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/il-populismo-penale-nell-eta-dei-populismi-politici_627.php
[2] Bonini S., La funzione simbolica del diritto penale, Napoli, editoriale scientifica, 2018, p. 242.
[3] Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, Capitolo II in https://it.wikisource.org/wiki/Dei_delitti_e_delle_pene/Capitolo_II
[4] Dani M., Libertà personale e incriminazione penale: studio sulla portata garantista dei diritti fondamentali in https://www.gruppodipisa.it/images/rivista/pdf/Marco_Dani_- _Liberta_personale_e_incriminazione_penale_studio_sulla_portata_garantista_dei_diritti_fonda mentali.pdf
[5] Von Liszt F., La teoria dello scopo nel diritto penale, Milano, 1962, pag. 46 [6] A proposito di omicidio stradale, 2016, in http://www.camerepenali.it
[7] Manconi L., il reato di omicidio stradale è un pessimo esempio di populismo penale, 2015, in www.ilfoglio.it
[8] Resoconto stenografico della seduta n. 584 del 02/03/2016, in http://www.senato.it
[9] Cfr. Sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, che evidenzia anche come una tale penetrante e incisiva riforma, coinvolgente delicate scelte di natura politica, giuridica e scientifica, avrebbe richiesto un adeguato dibattito parlamentare, possibile ove si fossero seguite le ordinarie procedure di formazione della legge, ex art. 72 Cost.
[10] Resoconto stenografico dell’Assemblea, Seduta n. 510 di lunedì 26 ottobre 2015 in www.camera.it
[11] Roiati A., L’introduzione dell’omicidio stradale e l’inarrestabile ascesa del diritto penale della differenziazione, in www.penalecontempoarneo.it
[12] M5S Camera News, Omicidio Stradale, ecco perché il M5S si è astenuto, in www.movimento5stelle.it
[13] Donati G., Omicidio stradale (l. 23 marzo 2016, n. 41), in vigore dal 25 marzo 2016 : i nuovi articoli 589 bis c.p. e 590 bis c.p.: le diverse fattispecie incriminatrici, la fuga del conducente quale circostanza aggravante ad effetto speciale (artt. 589-ter e 590-ter c.p.), il computo delle circostanze eterogenee (art. 590 -quater c.p.), i nuovi termini di prescrizione per il reato di omicidio stradale, gli accertamenti coattivi nell’immediatezza del fatto e l’arresto obbligatorio e facoltativo in flagranza di reato, le novità apportate al codice della strada in tema di sanzioni amministrative accessorie, Milano, Giuffrè, 2016, p. 31.